Nessun uomo è un’isola

Ho tentato di scrivere questo post innumerevoli volte. Non mi piaceva mai come alla fine veniva fuori. Eppure volevo scriverlo a tutti i costi. In questo periodo in cui mi è così difficile aggiornare il blog ho ricevuto moltissime email tutte su un solo argomento, la socializzazione. Come fanno a socializzare se non vanno a scuola? Come faccio se sono in un paese dove non conosco nessuno? Ho un figlio timido e se non impara a stare con gli altri?  Come fate a insegnare loro come si sta in un contesto sociale più ampio? Non impareranno mai a staccarsi dalla tua gonna se non li butti nel mondo ecc.. ecc…

Potevo rispondere a tutti singolarmente eppure qualcosa mi ha spinto a rendere più pubblica la cosa;  non tanto per la nostra esperienza ( che ovviamente può risultare solo un esempio) ma per dire un pò di verità.
Perché parlo di verità?
Purtroppo sull’aspetto della socializzazione si celano molte bugie, miti, idee precostituite non valide e non dimostrate. Mai più di tutto vi si nasconde una bugia che ci sussurrano continuamente all’orecchio ormai sempre di più negli ultimi 40 anni. Sembrerebbe che oggi per crescere adeguatamente un figlio non bastino due genitori, poche regole, ma chiare e tanto buon senso; ma serva un’equipe di specialisti di tutte le discipline educative ed umanistiche.
Di base ci hanno convinto che l’essere umano ha bisogno di un’ospedale intero per poter funzionare bene anche sotto l’aspetto dell’educazione e comportamentale. Anche nelle relazioni non siamo, di base secondo questa corrente di pensiero, capaci se non ce lo insegna un professionista a cui è stato consegnato un attestato di laurea e che lo faccia solo dopo anni di studio.
Ecco il principio da cui parto è questo. Non serve un pedagogista per insegnarti quali limiti servono a tuo figlio e tanto meno per accompagnarlo nel mondo delle relazione dove per altro, vi svelo un segreto, sarà poi lui ad accompagnare voi. Non serve la psicomotricità (alla bella cifra di 200€ per non so quante sedute) per fargli prendere consapevolezza delle sue emozioni o per affrontarle. Non è necessario nessun particolare percorso educativo affinché evolva nel linguaggio o nel pensiero. Tanto meno serve una numerosa classe di SOLI coetanei ; capitanati da un adulto, affinché socializzi.

Adesso faccio un enorme cappello a tutto il discorso in cui sottolineo che non voglio fare un affronto a tutte quelle figure professionali che lavorano nell’educazione, il mio affronto è all’aver reso il percorso di crescita per forza vincolato a strutture e vie che vedono sempre di più la presenza di uno specialista.
E’ ovvio che ogni specialista che ho nominato è assolutamente necessario davanti a veri e seri problemi, ma appunto veri problemi non a fughe di responsabilità educative genitoriali.
Ho sentito mamme al parco dirmi ” a meno male che c’erano le dade dell’asilo a dirmi come fare per il pannolino se no non lo avrei mai tolto”; “meno male che ci hanno pensato le maestre se non non avrei saputo come fare a raccontargli che arrivava un fratello” ….
Cogliete l’assurdità dei due pensieri….?!….Credi davvero che tuo figlio sarebbe arrivato sull’altare con il pannolino se non ci fosse stata una dada di un asilo nido a insegnarglielo?
Dietro a questi pensieri c’è la falsa idea che la semplice vita e la vita di famiglia non siano sufficientemente formative e che di base nessuno sappia fare il genitore quindi generare uomini e donne alla vita. Se biologicamente puoi partecipare alla venuta al mondo di un figlio, hai in te anche tutte le capacità per generarlo alla vita in tutte le sue componenti.

La socializzazione è un falsissimo problema.
L’uomo è un essere sociale fin dalla nascita, il desiderio di entrare in relazione gli è innato, non cresce se c’è un “esperto” che lo stimola/guida/limita. La relazione ci è vitale e il bimbo la inizia con la madre prima ancora della nascita.
Venuti al mondo prima si struttura la relazione con i genitori poi piano piano ci si apre al mondo. Ognuno con i proprio particolari ritmi e tempi.
In questo ambito ci sono così tante etichette che diventano vere ferite sulle persone.
Per esempio la timidezza è quasi considerata una malattia, sembra che avere un figlio timido o riservato abbia all’ origine chissà quali turbe.
Dove sta scritto che dobbiamo essere tutti espansivi, chiacchieroni e burloni?

Il nostro primogenito sembrava un bimbo molto timido, quasi troppo a detta di alcuni. A tre anni difficilmente si lasciava andare con estranei. Ovviamente non inserendolo a scuola ogni tipo di etichetta/giudizio gli è stato dato da tutti coloro che erano esterni dalla famiglia. Noi sapevamo che era un bimbo tranquillo con una vita tranquilla e non avevamo motivo per sospettare che avesse paura degli altri. O che questa timidezza fosse in un qualche modo “patologica”.
Non si può essere timidi? e chi lo ha detto?
Invece di giudicare nostro figlio lo abbiamo sostenuto in quello che ci sembrava un suo particolare approccio di cui non sapevamo molto di più se non quello che si vedeva dai suoi gesti e dalle parole che diceva un bimbo di 3/4 anni.
Abbiamo così potuto scoprire che nostro figlio non era certo timido, anzi… Semplicemente prima di dare confidenza ad un estraneo valuta la situazione e se può dare fiducia a chi ha davanti. Successivamente al essersi chiesto se gli interessa ciò che gli si propone. Se non gli interessa sarà dura fargli prendere in considerazione la situazione.
Come poi mi disse un’amica psicoterapeuta ” più che timido questo bambino mi sembra saggio. Non solo prende atto delle vostre parole di rassicurazione ma vuole sapere da se, per una sua esperienza, se può dare fiducia a chi ha davanti.  Certo questo richiede  tempo e tranquillità; condizioni che raramente oggi si offrono ai bambini, specie in contesti scolastici.”
Del corso di circo Gregorio non aveva interesse e non ha concesso fiducia mai alla sua insegnante, al contrario della sorella.
Alla presentazione del corso di inglese per un motivo a noi ignoto l’intesa e la fiducia con la magic teacher è stata immediata e non ci sono mai stati problemi a separarsi da noi e frequentare il corso.
Così poi con il corso di nuoto dove l’istruttore prima si è dovuto guadagnare la sua fiducia, entrare in vero rapporto con lui, accoglierlo e poi passare al nuoto. Proprio due settimane fa, visto che era più bravo rispetto al livello del suo gruppo ha cambiato corso ed è andato con i più grandi e con un nuovo istruttore. Non c’è voluto molto perche si ambientasse pure lì. Ormai del cntesto si fidava ed era certamente un’attivita di suo interesse.

Parallelamente a tutto questo è cresciuta la relazione con coetanei vicini (amici ) e lontani ( incontri casuali al parco ecc..); e non coetanei.
Gregorio si presenta, chiede il nome della persona e via…
Vicino a casa abbiamo un campetto da calcio spesso frequentato da bambini di qualche anno più grandi di Gregorio.
Gregorio a volte ci va con il papà e sempre più spesso da solo. Si inserisce in autonomia nel gruppo già presente, offre la palla personale in cambio di poter giocare. A volte riceve un si a volte un no.
Quando gioca è sempre il più piccolo ( scarseggiano i bimbi di sei anni al parco a giocare a calcio in queste zone) a volte gli passano la palla altre volte passa intere partite a correre senza toccarla.
La sua crescita su questo aspetto è stata enorme e noi sappiamo che è stata rispettosa dei suoi tempi e delle sue naturali inclinazioni. Come abbiamo fatto? abbiamo ascoltato nostro figlio. Siamo partiti da tanta fiducia, dal rispetto e della stima che abbiamo per lui. Siamo stati noi ad imparare che non tutti si buttano nella mischia subito, qualcuno prima osserva, valuta e con gentilezza chiede di conoscerti. Poi non smette più di parlare a macchinetta……

Tutta un’altra storia per Benedetta. Bambina molto espansiva, fisica ma moooolto emotiva.
A vederla inizialmente diresti che lei è a posto, nessuno problema di socializzazione. Lei arriva al parco e va, corre. Posto nuovo e via parte.
Si e poi che fa? Torna indietro.
Benedetta è un’entusiasta si lancia anche fisicamente poi si ferma e valuta se vuole farlo di nuovo. Quello che si potrebbe considerare timidezza arriva dopo.
La riflessione arriva dopo; e se ti chiude la porta con molta difficoltà la riapri.
Perchè dicevo moooolto emotiva? perchè non ostante non abbia ancora 5 anni il suo cuore è davvero una profondità di emozioni complicate ma chiare, limpide. Tanto da faticare ad accettare la sconfitta, l’esclusione, i tempi più lenti dei suoi.
Benedetta viaggia a cento mila giri. Ed infatti con i coetanei dopo un pò si annoia.
Provate ad immaginarla in una classe della scuola dell’infanzia?!
Prova una tale noia che preferisce i grandi e non perchè venga trattata da piccolina e accontentata, tutt’altro!
La confondono per una coetanea e finalmente si trova a suo agio in una condizione in cui davvero per lei e la sua maturità è alla pari. Situazioni in cui a volte traina lei , a volte è trainata. Con questo dinamismo anche le sue emozioni si riequilibrano e le gestisce più facilmente.
Appoggiando questa sua libertà ci siamo dovuti ovviamente mettere in gioco perchè la nostra ragazza cerca amiche sui sette/ otto anni. Fortuna che non va a scuola e ha così tanto tempo libero da potersi adeguare ai tempi di amiche che hanno scuola, compiti e sport pomeridiani.
Parallelamente a questa socialità Benedetta è anche una bimba con una certa riservatezza dei propri spazi e una cura delle relazioni con gli altri, particolari.
L’anno scorso finita la sua festa di compleanno (4 anni) mi ha detto: ” mamma c’era troppa gente. Non sono riuscita a giocare con tutti!”
Benedetta ha ragione, nelle relazioni serve tempo per stare insieme.
Sono davvero necessari i 20 bimbi di una classe per imparare a stare insieme?
Ovviamente anche per Benedetta abbiamo avuto la nostra dose di critiche ” questa bambina non sta mai ferma” e osservazioni ” si ma non può passare il tempo solo con gente più grande” e ci siamo ovviamente interrogati e messi in discussione.
Come ovviare a questa sua fatica con i coetanei?
Abbiamo scoperto che si poteva insegnarle la pazienza. Quale dote meravigliosa e necessaria nel mondo di oggi?
Cara figliola non siamo tutti uguali bisogna imparare ad avere pazienza, elemento fondamentale nelle relazioni.
Come abbiamo fatto? Ce lo ha insegnato lei, o meglio nello stare con lei è nata l’esigenza di farle notare questo.
Non potevamo esimerci, non potevamo sorvolare su questo perchè era proprio, anzi lo è, una realtà molto presente nella sua vita e nelle sue relazioni. In casa e fuori.
Non tutti, figlia mia, vanno a centomila giri, bisogna avere pazienza; e qui anche la mamma ha avuto ed ha tanto da imparare.
Questa è una bellissima condivisione che condivido con Benedetta alla quale posso sinceramente dire “Lo so Benedetta avere pazienza richiede molta forza, ed è difficile. A volte sembra che gli altri vadano lentissimi”.
A detta di amici che nelle materne ci insegnano, Benedetta facilmente sarebbe etichettata iperattiva. Adesso che ha iniziato il corsivo vedo bene perchè. Stare su una sedia ferma per lei è un vero impegno. Nel rispetto di questa sua fatica, lascio che scelga da sola come scrivere e in che posizione. Pur ponendo le attenzioni necessarie all’impugnatura della penna. La maggioranza delle sue giornate è molto piena di movimento e il corso di circo per lei è un vero toccasana con capriole, salti, trapezio, tessuti aerei e palloni giganti su cui camminare.
Giorni fa eravamo in visita a un parco nuovo dove vi abbiamo trovato le reti elastiche o anche dette molle giganti. Durante il gioco Benedetta si è fermata è scesa dalla sua rete e si è avvicinata alla rete di fronte in cui saltava una ragazza diecenne. ” piacere mi chiamo Benedetta, tu come ti chiami?” porgendo la mano per stringerla.
Come faranno mai questi ragazzi ad imparare a socializzare? Osservano!!
Osservano il mondo attorno a sè, dove adulti bambini e ragazzi sono in relazione; e nella libertà scelgono se stringere o meno legami.

Questa forte osservazione è sicuramente molto marca ancora di più in Maria Marta la quale è un vero miscuglio di esperienza e personalità rispetto ai suoi fratelli.
Maria Marta è una furba sa quando essere riservata perchè non possiede le certezze giuste per lanciarsi, e quando invece saltarti al collo e farsi coccolare. Ha appena compiuto tre anni ed è in piena affermazione di sé. Avendo fratelli più piccoli e più grandi sta imparando a stare con tutti. A volte subisce, a volte si impone. Questo anche fuori con amicizie miste e coetanee. Condividere è difficile come se fosse figlia unica, aspettare le richiede molta pazienza.
La stiamo accompagnando con tanta pazienza e molto affetto perché non è facile come dice lei “sono un po glande un po picciola”; stare in mezzo. Anche lei ha iniziato scuola di circo e senza aver fatto esperienza di nidi e materne sa stare nel gruppo, sedersi in fila e tenere l’attenzione davvero a lungo.

In tutto questo discorso non ho volutamente toccato discorso regole, limiti, rispetto di quelle norme sociali basilari.
L’educazione spetta in primis ai genitori anche se i figli vanno poi a scuola.
Le regole, l’educazione lo stare nel mondo rispettandone le dinamiche lo imparano da noi  genitori perchè noi per primi le rispettiamo. Certamente ci sono momenti in cui dobbiamo ripetere regole già spiegate, limiti già dati, attenzioni già richiamate ma i nostri figli sono educati perché noi per primi ci sforziamo di esserlo e lo insegnano loro.
Non crediamo assolutamente che sia necessario andare a scuola per rispettare delle regole e un genitore che pensasse ” te lo insegneranno poi a scuola” verrebbe meno al proprio ruolo educativo.
L’educazione si impara in famiglia, sempre!
La socialità cioè il saper essere e stare nella società si impara stando nella società.
E’ inevitabile da genitori homeschooler porsi la domanda sulla socialità; innanzitutto perchè la maggioranza di noi a scuola ci è andata, secondo perchè in parte è un aspetto di responsabilità che fa parte della scelta.
Chi manda i figli a scuola difficilmente si sofferma su questo aspetto della crescita; chi educa i figli a casa per forza di cose deve osservare se le dinamiche sociali evolvono, crescono e si compiono in quella armoniosa crescita di tutta la persona.
Abitare in un posto nuovo comporterà per tutti mettersi in gioco, uscire e conoscere realtà nuove che magari spaventano.
Avere figli riservati richiederà ai genitori di mettere in gioco idee e capacità di sostegno, accompagnamento dell’evolversi della persona. La ricerca di ambienti ricchi di relazioni sane da offrire ai figli è un compito sempre in divenire, come in divenire siamo noi e i figli.
Anche noi, abbiamo cambiato casa spesso all’inizio della nostra vita famigliare.
Io per ovviare al problema “non conosciamo nessuno, non conosco il posto” uscivo spesso con i primi bimbi piccoli. In bici andavamo a scovare tutti i parchi nelle vicinanze. In ogni parchetto avevamo il nostro piccolo gruppo di amici. Alcuni sono stati amici per poco, altri lo sono ancora e ci si frequenta anche in altre situazioni.
Per chi frequenta parrocchie, movimenti, associazioni il problema socialità e relazioni non dovrebbe davvero esserci.
A volte il pallino della socialità è così ingombrante che noi scegliamo di staccare la spina e non vedere nessuno, oggi stiamo solo noi.
Nel crescere della famiglia e dell’età dei bimbi tante dinamiche si sono modificate e tantissime si modificheranno.
La sfida è rimanere attenti affinché ognuno possa avere la possibilità di intessere quelle relazioni soddisfacenti e ricche che ognuno di noi desidera.
Ma è anche vero che nessuno di noi è un isola, cioè vive bene da solo e quindi è anche giusto rilassarsi un pò tutti su questo tema perchè molto, tantissimo verrà da se.

Tranquilli i ragazzi educati a casa, non scappano davanti al postino che suona, anzi, saranno capaci di uscirsene candidamente dicendo
” Hai visto mamma com’ è bello?!”

Piccolo avvertimento se non mandate i figli a scuola, sappiate che ogni cosa storta o sbagliata che faranno i fanciulli sarà colpa del fatto che non li mandate a scuola. Infatti lo vediamo tutti come i bambini e ragazzi nel mondo di oggi siano buoni, composti, silenziosi ed educati. Quelli che fanno danni e casini sono gli homeschooler!

In piscina Gregorio molla il panino e si inserisce in un gruppo di sconosciuti a giocare a uno

Scoprire come aprire un cocco dal vicino di casa

Guardare i video della zia che balla

Amici di cortile

Non sto mai ferma ma se mi trucchi dieci minuti resisto

Pure i selfie, questi homeschooler sono proprio gente di mondo

Benedetta intenta a chiacchierare

Ascolto di racconti ed avventure

Sta sera mi alleno con papà. Unica regola fai tutti gli esercizi richiesti

Amici dalla nascita. Non ce lo ha insegnato nessuno

Giochi di società per tutte le età

Compleanni condivisi

Letture condivise

 

 

Scherzi e pastrocchi

Gli amici speciali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8 Comments on “Nessun uomo è un’isola

  1. Condivido ogni parola di questo post e da madre di figli che frequentano la scuola posso confermarti che spesso gli amici dei miei figli NON sono i compagni di scuola!!!
    Spero un giorno di incontrarvi!
    Michela

  2. Ci sta.
    Bisogna saper far fronte alle critiche che ci vengono mosse.
    Testa alta e avanti!
    Buona giornata!

  3. Che bel post che hai scritto.
    Leggendari mi sembrava di sentirti mentre tra mamme si fa due chiacchiere e ci si confronta.
    Le foto mi hanno commossa grazie con tanto affetto Bea e famiglia

  4. Meraviglioso!
    Hai scritto parole che entrano dentro, emozionano e fanno riflettere.
    Ovviamente, condivido tutta la linea di pensiero, le difficoltà, le prese di consapevolezza.
    Grazie di far parte dei nostri amici speciali e di considerarci tali.

  5. Cari Elena e Michele, come non condividere le vostre riflessioni,
    penso che tutte le famiglie che scelgono la scuola parentale ricevono questa pressione in merito alla socializzazione.
    Io stessa mi faccio mille domande.
    Poi guardo Leo che come i vostri bimbi gioca con chiunque, dal bimbo di 2 anni, a quello di quindici, ha molte care amiche femmine e con loro gioca benissimo senza paura di essere preso in giro.
    Nella squadra di arrampicata è il più piccolo ma si è inserito benissimo.
    Lucia ha 3 anni e ha alcune amichette, il gruppo numeroso la impaurisce ancora un pochino ma sono certa che piano piano anche lei scoprirà la sua dimensione sociale.
    Io ormai quando la gente mi chiede perché non mando i bimbi a scuola, rispondo con la stessa domanda e ti posso assicurare che la maggioranza tace, guardandosi in giro in cerca di risposte sensate.
    Noi dovremmo dire perché non mandiamo i bimbi a scuola e loro non sanno perché ce li mandano.
    Andiamo avanti e il sorriso dei nostri bimbi, la loro serenità risponderà meglio di qualsiasi parola ai dubbi degli sconosciuti o dei curiosi.
    Un caro saluto Chiara

    • Che bello rigirare la domanda!grazie lo farò di sicuro. Il tuo commento mi ha emozionato grazie mille. Come dici tu i timori vengono ma poi si guarda la gioia e la semplicità con cui crescono i bimbi e ogni teoria sulla socializzazione si dissolve come neve al sole

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